La legge 4 marzo 2009, n. 15, all'art. 2, comma 1, lett. f), ha delegato il Governo ad emanare un decreto legislativo contenente, tra l'altro, la "definizione di un sistema più rigoroso di responsabilità dei dipendenti pubblici". Nella legge delega, al successivo art. 7, comma 1, si stabilivano i limiti entro i quali il Governo avrebbe dovuto esercitare la delega nella materia disciplinare, con lo scopo precipuo di "modificare la disciplina delle sanzioni disciplinari e della responsabilità dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'articolo 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e delle norme speciali vigenti in materia, al fine di potenziare il livello di efficienza degli uffici pubblici contrastando i fenomeni di scarsa produttività ed assenteismo". Oggi deve inoltre considerarsi fonte diretta di responsabilità disciplinare anche il sistema di obblighi e divieti contenuti nel Nuovo Codice di Comportamento di cui al D.P.R. 16 aprile 2013 n. 62, poiché non è più previsto ai fini della sua applicabilità il recepimento da parte di un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro ed inoltre poiché l'art. 16 del predetto Codice di comportamento individua autonome fattispecie di sanzioni disciplinari direttamente applicabili, in caso di violazione delle rispettive ipotesi. Un'ulteriore integrazione del sistema sanzionatorio è stata, poi, introdotta con il D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75.
